La Direttiva (UE) 2018/843

DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 30 maggio 2018

che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA […] considerando quanto segue:

(1) La direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio costituisce il principale strumento giuridico per la prevenzione dell’uso del sistema finanziario dell’Unione a fini di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo. Tale direttiva, il cui recepimento è stato previsto entro il 26 giugno 2017, definisce un quadro giuridico efficiente e completo per il contrasto della raccolta di beni o di denaro a scopi terroristici prescrivendo agli Stati membri di individuare, comprendere e mitigare i rischi collegati al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo.

(8) I prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso legale (vale a dire le monete e le banconote considerate a corso legale e la moneta elettronica di un paese, accettate quale mezzo di scambio nel paese emittente) e i prestatori di servizi di portafoglio digitale non sono soggetti all’obbligo dell’Unione di individuare le attività sospette. Pertanto, i gruppi terroristici possono essere in grado di trasferire denaro verso il sistema finanziario dell’Unione o all’interno delle reti delle valute virtuali dissimulando i trasferimenti o beneficiando di un certo livello di anonimato su queste piattaforme. È pertanto di fondamentale importanza ampliare l’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2015/849 in modo da includere i prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale. Ai fini dell’antiriciclaggio e del contrasto del finanziamento del terrori­smo (AML/CFT), le autorità competenti dovrebbero essere in grado di monitorare, attraverso i soggetti obbligati, l’uso delle valute virtuali. Tale monitoraggio consentirebbe un approccio equilibrato e proporzionale, salvaguar­dando i progressi tecnici e l’elevato livello di trasparenza raggiunto in materia di finanziamenti alternativi e imprenditorialità sociale.

(10) Le valute virtuali non dovrebbero essere confuse con la moneta elettronica quale definita all’articolo 2, punto 2, della direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, con il più ampio concetto di «fondi» di cui all’articolo 4, punto 25, della direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, con il valore monetario utilizzato per eseguire operazioni di pagamento di cui all’articolo 3, lettere k) e l), della direttiva (UE) 2015/2366, né con le valute di gioco che possono essere utilizzate esclusivamente all’interno di un determinato ambiente di gioco. Sebbene le valute virtuali possano essere spesso utilizzate come mezzo di pagamento, potreb­bero essere usate anche per altri scopi e avere impiego più ampio, ad esempio come mezzo di scambio, di investimento, come prodotti di riserva di valore o essere utilizzate in casinò online. L’obiettivo della presente direttiva è coprire tutti i possibili usi delle valute virtuali.

(11) Le valute locali, note anche come monete complementari, che sono utilizzate in ambiti molto ristretti, quali una città o una regione, e tra un numero limitato di utenti, non dovrebbero essere considerate valute virtuali.

(55) È opportuno pertanto modificare di conseguenza la direttiva (UE) 2015/849,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Modifiche della direttiva (UE) 2015/849

La direttiva (UE) 2015/849 è così modificata:

  1. […]
  2. l’articolo 3 è così modificato: (a) […]; (b) […]; c)  il punto 16) è sostituito dal seguente:

«16) «moneta elettronica»: la moneta elettronica quale definita all’articolo 2, punto 2), della direttiva 2009/110/CE, escluso il valore monetario di cui all’articolo 1, paragrafi 4 e 5 di tale direttiva;»

d) sono aggiunti i punti seguenti:

«18) «valute virtuali»: una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente.»;

19) «prestatore di servizi di portafoglio digitale»: un soggetto che fornisce servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali.»; […].

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32018L0843

Con la Direttiva 2018/843 il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea riconoscono giuridicamente l’esistenza delle valute virtuali,  ponendo di fatto un primo problema già nella definizione medesima. Definire le valute virtuali come ciò che non possiede lo status giuridico di valuta o moneta significa riconoscere l’esistenza di un qualcosa di virtuale, identificato come un mezzo di scambio, che non può (giuridicamente) essere connotato come valuta. In altre parole, le valute virtuali esistono ma non sono valute.

Tale confusione è attribuibile ad un tentativo di non mescolare nel diritto comunitario, dal punto di vista di Parlamento e Consiglio, il sacro al profano, nella misura in cui i medesimi Parlamento e Consiglio non possono permettere di mescolare la valuta a corso legale, emessa o garantita da una banca centrale o un ente pubblico, con un qualcosa, identificato come un mezzo di scambio, che non gode di questo attributo.

La Direttiva 2018/843 nella sua totalità non menziona nemmeno una volta il termine crittovaluta o bitcoin, ma è chiaramente indirizzata a creare uno iato giuridico, decretando uno status differente, tra valute fiat e altre tipologie di valute virtuali, quali le crittovalute.

In compenso il termine terrorismo viene citato settordici volte a pagina, giusto per ribadire il concetto. Al di là della finta miopia del regolatore, che deve giocoforza far la guardia al proprio campanile, non è certo agile dare una definizione di crittovaluta. Se da un lato è vero che le crypto potrebbero essere chiamate moneta poiché capaci di svolgere le funzioni di misura del valore (unità di conto), mezzo di scambio (strumento di pagamento), fondo di valore (riserva di valore) dall’altro è altrettanto vero che queste stesse funzioni sono svolte parzialmente. Questo, per amor di cronaca, non significa che le monete fiat, ergo create dal nulla (come euro o dollaro, tanto per capirci) assolvano meglio a queste funzioni. Giusto per fare un esempio: euro e dollaro (e non ci addentriamo nelle altre…) sono pessime riserve di valore poiché soffrono, in potenza e in atto, della perdita di valore connessa all’aumento di massa monetaria, altrimenti detta inflazione. Senza addentrarci qui nella bontà delle crypto, o meglio di poche elette tra queste, rispetto alle fiat, possiamo anche essere d’accordo sulla questione in virtù della quale il termine crittovalute non sia corretto poiché in ultima istanza non si tratta di valute, ma di beni.

Potremmo dunque definire il bitcoin (così come si usa dire il dollaro, o l’euro, anche se la bibliografia si è tarata sull’utilizzo del minuscolo per l’unità di conto mentre sul maiuscolo per il sistema di pagamento) come il primo bene digitale, trasferibile, non duplicabile, decentralizzato.

Giriamo dunque la questione per il verso giusto: non è il bitcoin a non godere degli attributi idonei per realizzare completamente le funzioni che potrebbero garantirgli la dignità di valuta, quanto piuttosto è la dignità di valuta ad essere riduttiva per un bene come il bitcoin. Il bitcoin espleta due delle tre funzioni (strumento di pagamento e riserva di valore) in maniera migliore rispetto alle valute fiat, poiché è “ad assenza di fiducia” (trustless, non serve fidarsi di alcuno per il buon esito di una transazione), “ad assenza di confini” (borderless, non ci sono limiti territoriali di alcun tipo), “ad assenza di permesso” (permissionless, non serve chiedere il permesso ad alcuno per accedere al proprio credito) e altre caratteristiche funzionali che gli garantiscono la dignità di moneta-merce che supera ontologicamente quella di mera valuta (legale o virtuale che dir si voglia).

Detto in altre parole, è la legge (leggasi l’esercito) ad imporre l’utilizzo della valuta a corso legale, mentre è per la sua bontà intrinseca che una merce (leggasi un bene) si afferma come moneta. Sfortunatamente (per loro), il bitcoin tra le altre cose è “resistente alla censura” (censorship resistance, è resiliente ai tentativi di censura del monopolista), ergo, resistere è futile.

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