AAA (astenersi avventori accidentali) – Se siete arrivati qui per caso (ammesso che il caso possa esistere) e non sapete cos’è una criptovaluta (e concesso che le cripto esistono) o non siete avvezzi alla letterette e alla filosofìca, date una botta a chi, come, cosa, dove, perché, quando e quanto?
Se le si guarda da una prospettiva storica le criptovalute godono di due anime: quella bella e brava e quella brutta e cattiva. O se si vuole, quella astratta e idealistica e quella concreta e materialista. Quella bella e brava nasce da un bisogno intimamente politico e sociale emerso negli anni ottanta: arginare l’invasione della privacy e il controllo sociale e finanziario che lo sviluppo tecnologico rendeva possibile. Quella brutta e cattiva nasce invece dalla mera esigenza, a partire dagli anni novanta, di scambiarsi denaro in rete. Sono come due sorelle, Narcisa e Boccadoro, l’austera che tende all’ascetismo e che vorrebbe cambiare il mondo e la godereccia che tende al godimento e che l’unica cosa che cambia sono le mutandine (Gesù, l’igiene prima di tutto).
Partiamo da questa seconda sciagurata per recuperare la sorella rispettabile in seguito.
Un giorno ci si sveglia e ci accorge che nella nostra amata rete ci sono dei posti strani che sono dei veri e propri mondi virtuali con le loro valute virtuali: uno dei più famosi è Second Life col suo Linden Dollar. Correva l’anno 2003: potevate ricostruirvi una vita su SL, pagare per della roba virtuale (tipo una camicetta succinta da far indossare al vostro altrettanto sciagurato avatar) eccetera eccetera. L’emergere gremliniano di tali universi digitali paralleli, ciascuno con un’economia reale dentro, è divenuta la condizione di possibilità per la genesi di nuovi mercati e siti di cambio delle relative valute – https://www.virwox.com/ – così come della creazione di una metavaluta (Open Metaverse Currency) adoperabile per la compravendita di beni e servizi all’interno di buona parte dei mondi virtuali e convertibile con dollari, euro e altre amenità.
Dunque le valute virtuali (leggasi “moneta” o “mezzo di scambio”), come le valute complementari (tipo il Sardex per capirci) sono tecnologie (roba insomma) che permettono di scambiare beni e servizi affiancando il denaro “ufficiale” (leggasi moneta a corso legale) rispetto al quale sono appunto complementari, accettate su base volontaria (e spesso solo a livello locale), e spaziano dal vostro tempo alle schede punti dei supermercati, eccetera.
Le valute virtuali sono un tipo di moneta digitale (ovvero memorizzate elettronicamente, denaro fatto di 0 e 1). La questione della digitalizzazione è chiaramente di grande attualità: è palese che ci si stia muovendo nella direzione di una digitalizzazione del contante (già credo ampiamente sotto il 5% del totale nell’Eurozona) per eliminarlo (ergo dare l’ultima botta alla vostra libertà e privacy finanziaria, ma questa è un’altra storia).
Ben prima dei Linden di cui sopra, nota alle cronache come primate delle monete digitali, nel 1996 fece capolino l’E-Gold, che permetteva di aprire “conti” espressi in grammi d’oro, e trasferirli, la qual cosa violava le normativa anti-riciclaggio degli Stati Uniti che scesero le serrande a un anno dal parto.
Del 2001 è invece Liberty Reserve, un servizio centralizzato che permetteva il trasferimento di denaro con qualche dato di base non verificato (nome, mail, data di nascita): si caricava da carta di credito o bonifico, si convertiva in Liberty Reserve Dollar o liberty Reserve Euro (o once d’oro, no limits) e si poteva trasferiva quel che vi pareva ad altri utenti con una commissione dell’1% su ogni trasferimento (l’US Internal Revenue Service dichiarò: “se Al Capone fosse vivo oggi, è così che avrebbe nascosto il suo denaro”).
Questo non è carino: dall’uso brutto e cattivo di queste valute virtuali, permesso dalla struttura centralizzata che le gestiva, è passato il concetto che le monete digitali siano tutte brutte cattive. Torniamo alle nostre sorelle: è come se la santarellina fosse infamata a causa della zoccoletta, chiaro?
Ora, praticamente tutte le prime valute virtuali nascono centralizzate o “chiuse”, ovvero controllate in toto – emissione della valuta, monitoraggio delle transazioni, etc – dagli sviluppatori che le hanno create e, memori delle rogne su E-Gold e Liberty Reserve, gravate di forti limitazioni per evitare le medesime rogne (il che si è tradotto in monete virtuali destinate a spazi virtuali, ma con le quali difficilmente ci potete comprare qualcosa di reale).
Rispetto ai predecessori “chiusi” il Bitcoin (prima delle criptovalute) nasce “aperto”, non centralizzato ma decentralizzato, ergo senza UNA realtà (statale o aziendale, pubblica o privata) che ne controlli l’emissione e ne monitori le transazioni, ma basato su un sistema dove crittografia e peer-to-peer fanno la magia: TUTTI possono scambiarsi liberamente moneta all’interno di un sistema che non può essere manipolato e dove TUTTI vedono le transazioni di TUTTI, ma l’identità di ciascuno è visibile da NESSUNO.
Ed eccoci al crocevia dove recuperiamo la sorella bella e brava: un sistema che garantisca libertà finanziaria e privacy finanziaria, e che permetta di ripararsi, almeno in parte, dal potere dell’ente centralizzatore per eccellenza, quel connubio stato-banche che ha degnamente sostituito quel che nei secoli passati era conosciuta come l’alleanza trono-altare, ma questa è un’altra storia.
La storia della nostra anima bella e brava ha invece radici profonde, e come si è alla grossa partiti dall’E-Gold per la brutta e cattiva, si partirà qui alla grassa dal buon vecchio Timothy C. May, col suo celebre manifesto. Correva l’anno 1988, e la racconteremo nella prossima puntata.
Per ora giusto un’ultima riflessione sulla questione che alla fin fine, anche questa sorella brutta e cattiva non è poi così troia. L’esigenza di scambiarsi valore in rete nel terzo millennio è diventata pressante più o meno come un bisogno fisico, e se qualche in qualche esperienza “chiusa” il lucro ha prevalso sul buono e sul giusto, al di là del fatto che non ci sia tanto da meravigliarsi se ci vuole pur qualche tentativo per centrare il vasino, dall’altro non va dimenticato che il brutto e il cattivo sia tale solo dal punto di vista di un ente centrale che in un sistema appunto centralizzato si arroga il diritto di emettere (e costringere all’uso), controllare e monitorare (e drenare a piene mani, tra le altre cose).
FINE (bella zio) – Magari siete arrivati fino a qui scrollando per vedere quanto era lungo. Questo significa che non avete ancora imparato a misurarlo correttamente, ovvero quando non siete in condizione di scrollare ulteriormente. Non vi fidate, verificate (e approfondite quanto sopra). Ciaone.
Primo commento sul nuovo blog di Alessio Salvetti!